Fu accusato di furto, ora grida al complotto

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L'Australian Associated Press, riferendo dell'episodio, usa il termine italiano "vendetta". Una vendetta di qualcuno contro il nuoto giapponese. A lanciare il j'accuse, l'avvocato del ranista nipponico Naoya Tomita, arrestato agli Asian Games di settembre a Incheon, Corea del Sud, per il furto di una fotocamera(leggi qui). Espulso dalla nazionale per 18 mesi, Tomita inizialmente ammise la sua colpevolezza e fu condannato a pagare l'equivalente di 1000$ di multa. Ora, però, grida la sua innocenza, asserendo di essersi dichiarato colpevole solo per paura che non gli fosse concesso il ritorno a casa (a Incheon, alcuni testimoni l'avrebbero anche sentito dichiararsi innocente alla stampa) e incolpando una persona non identificata di aver messo la fotocamera nella sua borsa. Il suo avvocato rilancia, accusando la polizia coreana di aver fabbricato prove false e, appunto, qualcuno che volesse attaccare la nazionale del Sol Levante. Un'edizione degli Asian Games dove non mancarono gli incidenti diplomatici: l'olimpionico cinese Sun Yang chiese pubblicamente scusa al Giappone per aver definito "Sgradevole" l'inno nipponico.
 
moscarella@swimbiz.it

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