Il Morlacchi furioso

Copyright foto: ipc

  “Noi non siamo paralimpici, siamo nuotatori e ci alleniamo come una Federica Pellegrini: soltanto che tra me e Federica si nota più la gamba più corta degli sforzi che ci accomunano” chiosa con franchezza, a Swimbiz, Federico Morlacchi. Evidenzia, così, una differenza di trattamento tra la sua categoria e i normodotati “a parole, il nuoto è uno solo, nei fatti un po’ meno”. Anche con il progetto Acquario(leggi qui), in direzione Rio 2016 “ci sono stati e continuano ad esserci problemi per reperire fondi: chiediamo per una stagione 35 mila euro e siamo 7 atleti, di cui 5 lombardi, una di Parma e una sarda. Oltretutto, siamo seguiti da tre allenatori, un preparatore e una psicologa che lavorano privi di compenso. Siamo un gruppo unito dalla passione per l’acqua, dalle medaglie, ma senza visibilità. Magari arriverà quando la mia carriera sarà finita e ci saranno le nuove generazioni per cui sto lavorando”. Per non parlare poi della questione sponsor “se chiedo costumi e soldi, non pretendo nulla di più di un atleta normo. Tra loro, la sponsorship è diffusa, invece per noi non se ne parla: è un campo vergine da questo punto di vista. Non dico di meritarmela, ma ci siamo anche noi”. A Federico, è capitata un’occasione “come materiale non c’era alcun problema, ma non appena si discuteva di soldi tiravano indietro la mano. I miei sponsor sono mamma e papà, ma è anche ora che qualcun altro abbia voglia d’investire, dal punto di vista morale e per un fattore economico”. Non a caso approva come “Pionieristico” un progetto come Swimbiz-Vadox For Young, che offre gratuitamente sostegno tecnico ai giovani senza distinzioni tra normo o paralimpici (sia disabilità fisiche, sia intellettive). Poco percorribile anche la via dei gruppi militari “a noi paralimpici ci assumono, ma non ci arruolano: appena finisci di nuotare, sei fuori per la questione disabilità”.  E dunque il giovane della Polha Varese confessa “ far parte di un gruppo militare sarebbe bello, ma seriamente e con lo stesso trattamento”. L’unica soluzione rimarrebbe l’estero, “in Gran Bretagna e in Australia dove c’è più attenzione mediatica, ma sto bene qui con il mio allenatore e il mio Presidente, il migliore al mondo”.
 
ugo@swimbiz.it
 

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