Pallanuototerapia

Copyright foto: simona pantalone

Gliel’ha trasmesso la nonna materna, saltando una generazione. E’ l’amore per la cucina che Tommaso, 15 anni il prossimo 5 dicembre, coltiva con la stessa passione della pallanuoto. “Veniva dal nuoto, aveva voglia di cambiare - racconta a Swimbiz.it la madre, Simona Pantalone – la sorella, Greta, ha 13 anni ed è arrivata alla pallanuoto dal nuoto sincronizzato. Studia biotecnologia ambientale”. Stretta di mano decisa che ricorda il suo passato di strumentista in sala operatoria, Simona è presidente dell’Associazione Italiana Malformazione di Arnold-Chiari Child. Qualcosa che vive nel quotidiano “La mia prima reazione, quando i medici dissero Malattia Rara, fu il gelo. Ero uno zombie, passavo le giornate bevendo caffè e leggendo siti americani in cerca di cure o informazioni per i miei figli”. Poi, la reazione. L’associazione, per ottenere almeno il registro della patologia e una prima statistica “Non ci sono ancora studi. Tommaso, che soffre di cefalea da sforzo, ha fatto un intervento sperimentale a Barcellona. Al momento la malattia sembra in fase statica”. Ma c’è un bagaglio psicologico da gestire, e qui gioca un ruolo chiave la pallanuoto. L’incontro con Waterpolo Ability, pallanuoto integrata normo-paralimpica(leggi qui) promossa dall’ex oro paralimpico Pierangelo Vignati, nel campionato organizzato in Lombardia da PallanuotoItalia “E’ stato terapeutico anzitutto perché possono praticare sport in assenza di gravità”. Ma soprattutto “Così non vivono sotto una campana di vetro”. Un anno fa il ct dell’Italnuoto paralimpica, Riccardo Vernole, denunciò a Swimbiz come molti genitori rifiutino l’idea di sport paralimpico, perché temono che ‘segni’  i ragazzi come disabili “Invece li aiuta a reagire. Durante il torneo Yellow Ball a Napoli, mi sono commossa vedendo i ragazzi aiutare i compagni in carrozzina a salire sulla metropolitana – in un clima di entusiasmo magico, quasi misterioso – l’arbitro Pavonetti, impressionato nel vedere in un match le due curve esplodere al gol di un pallanotista paralimpico, ha analizzato ed esposto il fenomeno in una tesi di laurea”. Ma il problema è più ampio, è culturale “Vorrei organizzare a Busto Arsizio un seminario aperto a educatori, insegnanti, genitori... è importante anche formare tecnici in grado di comunicare con questi ragazzi”. E non mancano disinformazione o persino superstizione. Come i malati di Aids negli anni ’80 – chiedere a Magic Jonhson che, dopo aver rivelato la malattia, nessuno in Nba voleva più marcare “Quando i miei figli consegnano i volantini sulla marcia per la giornata delle malattie rare, che organizziamo ogni anno, molti fanno un salto all’indietro pensando che raro equivali a contagioso”. Ma ormai Simona ci ride su, l’incontro con la pallanuoto è stato terapeutico anche per lei. E lo zombie se n’è andato da tempo.
 
moscarella@swimbiz.it

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