Rinuncio a tutto per l’oro olimpico

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Prende le distanze dai tanti ex oimpionici, come lei australiani e legati all’acqua, alle prese con drammi personali “Il mio scandalo non c’entra con lo sport – confessa Chantelle Michell (in Newbery) in una lunga intervista a cuore aperto su The Australian – e nessun genitore fa pressioni sui figli perché vincano la medaglia olimpica: se sei lì, è perché tu l’hai voluto”, non a caso, protagonista dell’incipit è una giovane Chantelle che prega Dio di toglierle tutto, ma non un oro olimpico. Emerge una donna oppressa da una perenne angoscia, che sfata molti stereotipi degli atleti “Adesso vomito. Devo guardare i punteggi delle altre? Ho l’oro già al collo. Stupida, ti stai autocompiacendo…questo pensavo, in attesa di salire ai 10 m per l’ultimo tuffo ad Atene 2004” quello dell’oro olimpico. Lo definisce overthinkng “Penso troppo, sono l’incubo di ogni psicologo”. Otto anni dopo, riceveva la telefonata di Brittany Broben, giovane da lei ‘scoperta’ come scout e appena diventata argento olimpico, dal capezzale della madre malata di cancro. I 18 mesi successivi alla sua morte segnarono un apice negativo nella vita dell’ex tuffatrice, più dei tentati suicidi del 2009: la separazione dal marito, il compagno di nazionale Robert Newbery, ormai nauseato dai tuffi, l’arresto per possesso di droga, la perdita del lavoro e della casa, la vergogna nei confronti della altre madri. Il tribunale le ha evitato il carcere e potrà ancora lavorare con i minori (la cosiddetta Blue Card). “Ne valeva la pena?” gli chiede l’intervistatore, dopo che effettivamente ha vinto un oro olimpico, ma perso praticamente tutto ciò a cui teneva. “Yes” risponde Chantelle, dopo averci pensato su per un secondo e mezzo.
 
moscarella@swimbiz.it

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