Sogni e stereotipi olimpici, da Londra 2012 a Rio 2016

Copyright foto: dave salo

Da italiano, non può che inorgoglirti vedere due atleti azzurri scalare i vertici mondiali del mezzofondo. Da specialista “Devi guardare la realtà: Gregorio Paltrinieri e Gabriele Detti spopolano, non solo nei 1500 m stile libero” racconta a Swimbiz.it Federico Colbertaldo, ex recordman europeo e bronzo mondiale negli 800 stile. Ma è l’intero movimento a vivere un cambio generazionale? “In parte. Ma per definire realizzato il salto di qualità, manca il grande risultato di gruppo, medaglie e finali, a un evento di primo piano come Mondiali in lunga e Olimpiadi”. Un Mondiale positivo alla vigilia di Rio 2016, come fu per Londra 2012 “Ma la nostra nazionale è più competitiva rispetto a quattro anni fa – anzi, per Colbertaldo – le critiche dopo Londra furono eccessive, i risultati rispettavano la stagione. Federica Pellegrini visse un anno particolare, dove cambiò due tecnici. L’unico con possibilità concrete di medaglia era Fabio Scozzoli, ma come si può criticarlo per 5 decimi?”. E poi c’è “Il ‘fattore altri’. Nell’anno olimpico vedi miglioramenti incredibili”. Specie negli Usa, realtà che ‘Scienzy’ vive a Los Angeles(leggi qui) “Per loro conta solo l’Olimpiade. Negli altri anni possono anche snobbare o non allenare al meglio un Mondiale, per concentrarsi sulla stagione di college”. Somiglianza sorprendente con la Cina, dove il Torneo delle Province(leggi qui) è secondo per importanza solo a Olimpiadi e, per ragioni di politica estera, Giochi Asiatici. E sono molto gli stereotipi sullo sport americano “Su cui mi sono ricreduto. A Los Angeles le gerarchie sono invertite rispetto all’Italia. La priorità non è il team d’élite, ma gli atleti universitari. Hanno medici, nutrizionisti, preparatori di squadra. I professionisti devono pensare da soli allo staff, a quel che mangiano, ai farmaci assunti…”. Singolarità, come il loro amore per il motivazionale “Salo l’ha persino messa su piano cartesiano (foto). Quando feci il Duel in the Pool, il nostro coach fece 20 minuti di discorso. Bello, per carità, ma noi italiani ci guardavamo perplessi”. A ognuno il suo “Sono piccoli esempi di differenze culturali, come quando fanno la fila ordinata per scendere dal bus o andare al buffet. Forse la mentalità americana è più adatta allo sport, ma noi italiani siamo più abituati al sacrificio. E il nuoto è sport di sacrificio per eccellenza”.
 
moscarella@swimbiz.it

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