Tokyo 2020: lievitano i costi della nuova piscina, ma “l’harakiri” è della Fina

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Lascerà un’eredità dopo i Giochi. Era la promessa del Direttore Esecutivo Fina, Cornel Marculescu, quando l’ottobre scorso andò personalmente a Tokyo per imporre agli organizzatori delle Olimpiadi 2020 il rispetto del piano originale: costruire un nuovo, grande impianto. Anche dopo che, come rimbalzò su tutti i quotidiani italiani, il governatore Yuriko Koike denunciò l’abnorme aumento dei costi: il budget totale era schizzato a 26 miliardi €, quello della nuova piscina a 593 milioni €. Il piano alternativo prevedeva l’ammodernamento del già esistente Tatsumi International Swimming Center, ma la Fédération Internationale de Natation rifiutò e il Presidente Julio Maglione ha recentemente visitato la sede del futuro impianto per supervisionare i lavori.

Nell’ultimo quadriennio, i grandi eventi acquatici si sono distinti per due caratteristiche: spettacolari, ma a costi contenuti. Una doppia filosofia promossa dalla Fina e dalla Ligue Européenne Natation grazie alle piscine temporanee, montate in impianti già esistenti e poi rimosse a fine evento, evitando così problemi ecologici e di riutilizzo. Persino la Russia ha sfatato lo stereotipo dell’oligarca spendaccione, ospitando le gare di Kazan 2015 all’interno del locale stadio di calcio (foto). Una filosofia che ora la stessa Fina disattende, e allora non c’è da stupirsi se i cittadini perdono fiducia nei Giochi Olimpici. La notevole densità abitativa di Tokyo e del Giappone forse scongiurerà l’effetto cattedrale nel deserto -  è caso recente il gigantismo degli European Games di Baku(leggi qui) – ma l’augurio è che la previsione di Marculescu, l’eredità del nuovo impianto per la città, non si riferisca ai debiti.

moscarella@swimbiz.it

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