Cavic, io e Phelps alla ricerca di noi stessi

Copyright foto: Swimbiz

Bernard, Bousquet, Van Den Hoogenband. Li diresti pronti a rituffarsi nella vasca del Velodrome da un momento all’altro. Come Michael Phelps, oro nei 100 farfalla (51”29) ai Giochi Panpacifici in Australia. Come, in apparenza, Milorad Cavic “Michael è ancora integro, non ha avuto i miei problemi di schiena” commenta a Swimbiz con calma zen nella brezza di Berlino. Leggenda in patria, non solo nell’ambito nuoto, ma già vede in Stjepanovic, serbo come lui “La sorpresa degli Europei” forse suo erede. E l’eredità di Londra 2012 è stata preziosa per i britannici “La delusione li ha spinti a investire sul nuoto. Il record mondiale di Peaty è un esempio”. Subito, però, il tema di conversazione è ancora Phelps. Come ai vecchi tempi, come la piastra di Pechino 2008 di cui Michelino  ancora sorride. Che ne pensa, Milo, del ritorno del maxi-olimpionico? “Ama nuotare. Di soldi e fama ne ha in abbondanza; penso abbia a che fare con una crisi d’identità – e scatta il paragone di una vita – quando senti il nome Mark Spitz, pensi all’atleta, non al business man. Lo stesso per Michael: cos’è, se non un nuotatore? L’importante, qualsiasi sia la scelta, è avere il cuore in pace”. E cos’è Cavic, in questo momento della sua vita? “Ho accarezzato l’idea della politica, ma non è la via giusta per me: il nuoto mi ha dato notorietà a sufficienza. Mi prenderò un periodo per capire cosa voglio diventare, magari un allenatore – magari in Italia – terra che amo. Se n’è anche parlato con Andrea Di Nino (suo ex coach n.d.r). Penso che rimarrò nel nuoto: il mondo, fuori da una piscina, mi spaventa”. E il futuro “E’ una porta chiusa che devo aprire – col giusto spirito – photoshoppami i capelli, mettici dei rasta (ride)”.
 
moscarella@swimbiz.it

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