Filippo Magnini dopo il caso Junior “Il problema è che non danno le giuste sanzioni”

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Non è passato inosservato il caso di positività a un diuretico, risalente ai Mondiali di Doha, del ranista brasiliano Joao Gomes Junior, che nel frattempo ha chiesto le controanalisi(leggi qui) e, per bocca del suo avvocato, si dichiara "Ansiosio di provare la propria innocenza". Su Twitter, uno dei più attivi è Filippo Magnini, promotore della campagna I am doping free che, commentando la notizia riportata da Swimbiz, prima esprime la sua delusione e poi rilancia "Il problema è che non danno le giuste sanzioni. Visto che propongono quattro anni quando succede in italia... vediamo all'estero!". Quello delle sanzioni è da sempre uno dei princiapli temi di dibattito, quando si discute di antidoping. Dal 1° gennaio di quest'anno, il codice internazionale della Wada (agenzia mondiale antidoping) ha introdotto pene più severe sia per il doping volontario, sia per quello cosiddetto inconsapevole. D'altro lato, ha aperto alla possibilità di riduzioni di pena per chi confessi l'uso di sostanze proibite e collabori attivamente a svelare infrazioni(leggi qui). A Swimbiz intervenne sull'argomento Pietro Antonio Sirena, Presidente della IV sezione penale alla Corte Suprema di Cassazione, che sconsigliava sanzioni penali(leggi qui), perché, citando come esempio il caso italiano "Se la pena massima è di tre anni, immagino che in media si arrivi a un mese con la condizionale - puntando, piuttosto, a colpire l'atleta colpevole sul lato sportivo - per me è molto più efficace squalificare dalle gare, ma squalificare davvero: persino a vita”. E tuttavia, sulla possibilità d'imporre prima o poi squalifiche a vita, fu categorico alla BBC il Presidente della Wada, Craig Reedie "Non è una via percorribile. Sarebbe contestata e legalmente insostenibile in un tribunale".
 
moscarella@swimbiz.it

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