Tra attesa e timore, Rio 2016 vista da un brasiliano

Copyright foto: Swimbiz

La sua storia ricorda un po’ quella di un altro brasiliano, Felipe França, caduto in disgrazia e risorto come atleta e come uomo(leggi qui). Certo, nel caso di Henrique Rodrigues, non ci furono problemi di depressione e sovrappeso “Ma dopo un brutto infortunio alla spalla, il medico mi diede due opzioni: operarmi e fare il possibile per provare a gareggare di nuovo, o evitare l’intervento, sopportandone le conseguenze – due scenari incerti – scelsi l’operazione, che andò a buon fine. Ma dopo la riabilitazione non sapevo cosa aspettarmi dalla mia prima gara. Il mio coach, la mia famiglia, gli amici mi hanno dato l‘energia per tornare più forte di prima, fino al 4° posto nei 200 misti a Doha” commenta a Swimbiz. Per il forte legame con chi gli restò vicino, finora ha rifiutato di allenarsi negli Usa, al contrario di tanti connazionali “Europa? Non l’avevo mai presa in considerazione; ma ora, se arrivasse un’offerta, ci penserei seriamente”. Il Brasile, infatti, al di là dei progressi in termini di medaglie “Procede lentamente nello sviluppo del nuoto di base e delle strutture – per questo, Rodrigues sposa idee come il progetto no profit Swimbiz-Vadox For Young(guarda il vdeo) – stimolano i giovani ad avvicinarsi a questo sport, tanto bello quanto competitivo”. L’idea di un’Olimpiade in casa “E’ preoccupante quanto esaltante: non siamo ancora pronti per l’evento, mancano le strutture; visto da un altro lato, però, sarà bellissimo avere a Rio tutti i più forti atleti al mondo – c’è il rischio che, dopo Rio 2016, la magia finisca? – ho paura che ci aspettino ‘tempi bui’, che i fondi governativi arriveranno solo per i medagliati”. Anche dal lato sportivo, è cauto su Rio 2016 “Preferisco procedere step by step: prima la qualifica, poi l’accesso in semifinale, in finale e lì, chissà… Quest’anno, invece, cerco la medaglia sia ai Panamericani, sia ai Mondiali”. Infine, sui casi di positività all’antidoping di brasiliani commenta “Va sottolineato che, in molti casi, il problema è sorto non per ingenuità di atleti e medici sportivi, ma per errori delle farmacie di manipolazione”.
 
moscarella@swimbiz.it

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