Effetto Park: il Comitato Olimpico Coreano annulla la “doppia squalifica”

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Per tutta la scorsa stagione, il Korean Olympic Committee si è battuto per il rispetto della regola stabilita nel 2015: un atleta sudcoreano che abbia scontato una squalifica per doping non può entrare in nazionale per i tre anni successivi. Né il palmares, né la pubblica genuflessione di Tae-hwan Park, primo olimpionico del nuoto coreano, hanno fatto cedere il Koc. Il caso si è trascinato per un anno in tribunale, ci sono volute due sentenze – Alta Corte di Seul, Court of Arbitration for Sport di Losanna – perché il nuotatore potesse partecipare alle Olimpiadi di Rio 2016, con risultati modesti. Park fu originariamente squalificato per positività al testosterone, ma di recente l’Alta Corte di Seul ha ritenuto responsabile di negligenza il medico che operò l’iniezione(leggi qui). Park, che ha dichiarato di aver subito episodi di blackmailing perché rinunciasse alla battaglia legale, lo scorso dicembre ha poi vinto tre ori ai Mondiali in vasca corta di Windsor.

La regola del Koc fu bocciata dalla Corte di Losanna perché punisce due volte un atleta per la stessa violazione. Insostenibile in tribunale, come già dimostrò il precedente della “Osaka Rule”. Introdotta dall’International Olympic Committee nel 2007, vietava a un atleta che avesse scontato una squalifica per doping di partecipare alla successiva Olimpiade, ma fu contestata dall’atleta statunitense LaShawn Merritt e abolita dal Cas già nel 2011 perché, anche in quel caso, puniva due volte un atleta per la stessa violazione. Vista l’inapplicabilità, anche il Koc ha ora abolito del tutto la regola. Negli anni la Wada(Agenzia Mondiale Antidoping) ha inasprito le pene per gli atleti(leggi qui), ma gli esempi della Osaka Rule e della regola coreana mostrano come sanzioni, sulla carta, particolarmente dure dilatino enormemente i tempi della giustizia, senza peraltro una reale efficacia. Come spiegato a Swmbiz.it dall'avvocato Silvia Ronchetti, esperta di diritto penale e sportivo(leggi qui) "Non la severità, ma la certezza della pena è un deterrente realmente efficace”. Col sistema attuale “Il processo è quasi immediato, la sanzione anche".

moscarella@swimbiz.it

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